Castiglioncello (Livorno), 25 agosto 2024 - Pupi Avati, celebre regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e scrittore, ha ricevuto il XIX Premio Cultura Politica Giovanni Spadolini nel parco del Castello Pasquini a Castiglioncello. L’atteso e prestigioso evento, patrocinato dalla Regione Toscana, è organizzato a quattro mani dal Comune di Rosignano Marittimo e dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia, anche in occasione delle celebrazioni dei trent’anni dalla scomparsa del noto statista fiorentino, profondamente legato al territorio livornese. “E' un grande onore per me presenziare, per la prima volta in veste di sindaco, alla consegna del premio di cultura politica intitolato a Giovanni Spadolini in occasione del trentesimo anniversario della sua scomparsa – tiene a precisare Claudio Marabotti, recentemente eletto primo cittadino del Rosignano Marittimo -. L'assegnazione del premio a Pupi Avati, regista colto e poliedrico, rimane nella tradizione della manifestazione, che ha visto premiati, nel corso della sua ormai lunga storia, personalità di grande spicco nel campo della cultura umanistica e scientifica”. “La presenza di Pupi Avati a Castiglioncello per ritirare il Premio Spadolini - è il commento di Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia - onora la cittadina toscana così legata alle più alte tradizioni del cinema italiano, familiare ad artisti indimenticabili quali Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Paolo Panelli e tanti altri, alla sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico, che ha richiamato in loco gli autorevoli protagonisti del cinema italiano.
L’assegnazione della XIX edizione del Premio intitolato a Giovanni Spadolini – conclude Ceccuti -, grande appassionato di cinema, premia nell’ambito della cultura politica uno dei più grandi registi italiani, che con i suoi molteplici interessi ha esaltato l’arte cinematografica. È particolarmente significativo che la cerimonia di conferimento del premio avvenga pochi giorni prima dell’apertura del Festival del Cinema di Venezia, che non a caso sarà chiuso con la proiezione del suo capolavoro “L’orto americano”. La motivazione della Giuria per la scelta del poliedrico regista italiano è la seguente: “Autore di una vasta filmografia nell’arco di oltre cinquant’anni, Pupi Avati ha affrontato molti generi cinematografici, spaziando dalla commedia al dramma fino al melodramma, dal film storico al film biografico, dal film introspettivo a quello corale, dal satirico al gotico fino all’horror. Tratto unificante di una così ampia produzione è la costante attenzione rivolta alla realtà italiana, indagata nei suoi molteplici aspetti: sociali, religiosi, lavorativi, paesaggistici. Spesso si tratta di realtà provinciali, colte in un determinato momento storico o durante fasi solo in apparenza secondarie. Mentre sono raccontate le vicissitudini particolari di singoli individui, nella maggior parte dei casi paradossali e contraddittorie, viene suggerita una riflessione di carattere più generale e finanche universale. Uomo colto e tollerante, a 86 anni continua – dopo quasi 100 tra film, fiction e documentari – a stupire e a stupirsi. Uno sguardo, quindi, sui pregi e sui difetti del nostro Paese e del nostro popolo, sempre e comunque osservati, si potrebbe dire, “con intelletto d’amore”. Prospettiva ampia e profonda la sua, proprio perciò eminentemente politica, in grado di farci comprendere meglio questa Italia, “pianta dalle molte radici”, come era solito definirla Giovanni Spadolini.” A ricevere il prestigioso riconoscimento nelle edizioni precedenti sono stati, tra gli altri, Carlo Azeglio Ciampi, Giovanni Sartori ed Eugenio Scalfari, Margherita Hack e Giuliano Amato, Sergio Zavoli, Ferruccio de Bortoli, Piero Angela, Marzio Molinari, Margherita Cassano. "Bologna - ha detto Pupi Avati - una volta era una città di provincia ed era come essere tagliati fuori dal mondo dei belli e ricchi bolognesi, era una sofferenza per noi ragazzi di periferia. Cominciai a maturare dei sogni, in quell'Italia che oggi non c'è più. Quella con le distinzioni, le classi sociali, i posti in cui non tutti potevano andare. Una famiglia borghese come la mia non permetteva ad uno come me di emergere e farsi notare. L'unica cosa che accomunava tutte le classi sociali erano le ragazze. Non c'era nulla che non si facesse per le ragazze".