L’avvocato Massimo Manfredini che rappresenta le famiglie di due vittime, Tampucci e Vetusti, ha chiamato a testimoniare in Tribunale ieri i familiari di chi perse la vita la notte dell’alluvione del 2017. La prima a entrare nell’aula è stata Maria Cristina Stabili vedova di Raimondo Frattali. La loro abitazione ad un solo piano era in via della Fontanella. "Alle 4 del mattino del 10 settembre avvertimmo un boato e all’improvviso entrò acqua in casa. – ha ricordato – La porta di casa non si apriva perché fuori l’acqua era più alta che dentro. Mio marito era tranquillo perché non era arrivato l’avviso dell’alert sul telefono. Però quando la corrente è andata via e i mobili hanno iniziato a galleggiare, mia figlia e mio genero che erano in casa con noi, sono usciti da una finestra e sono saliti sul tetto. Li ho seguiti. L’acqua poi ha raggiunto il tetto così siamo scesi e nuotando siamo saliti su un altro tetto dove siamo rimasti fino alle 7 del mattino. Mio marito non ce l’ha fatta... Quella notte nessuno ci ha avvisati del pericolo". In aula è stata chiamata poi Maria Luisa Matteini vedova di Roberto Vetusti. Vivevano in via Santalò. "Quella notte mio marito scese in cantina per recuperare il computer ed è stato travolto dall’acqua. Io ho perso conoscenza". Il trauma che ha subuto, ha spiegato il professore Alessandro Lenzi psichiatra "le ha provocato una forma di depressione cronicizzata. La mia paziente si augura di morire...". L’avvocato Manfredini ha citato in aula anche Massimo Mancini nipote di Gianfranco Tampucci (era lo zio). "Sul telefono fisso intestato a Franco Mancini mio babbo, né sui cellulari arrivò l’avviso dell’alert".
Cronaca"Quella notte non arrivò alcuna allerta meteo"