Livorno, 25 gennaio 2025 – Ha trovato Livorno... a Dakar. Nel corso di un viaggio davvero epico. “Ciò che mi spinge in questo tipo di imprese è il mio desiderio di visitare e vedere sempre posti nuovi ma senza il “filtro” del turista”, così Federico Teti, giovane livornese, spiega le ragioni che lo hanno spinto a intraprendere un viaggio di un mese da Livorno a Dakar in moto. Esploratore moderno. Per lui non si tratta della prima avventura.
“Ho sempre avuto la passione per le moto e per i viaggi, così ho deciso di iniziare a unire gradualmente questi due aspetti della mia vita - racconta Teti -. Uno dei miei primi viaggi in moto è stato attraverso i paesi della ex Jugoslavia, ma questo in Senegal è stato decisamente più estremo”.
Proprio in Senegal ti sei imbattuto in un locale ’particolare’...
“Sì questa è proprio una storia da raccontare, ero appena arrivato a Dakar e stavo cercando disperatamente un posto dove poter fare colazione quando all’improvviso alla mia sinistra mi appare un miraggio: un’insegna con su scritto “Restaurant Livorno”. Mi fermo immediatamente, entro e trovo un ragazzo intento a impastare una pizza, lo saluto e gli dico: “Ciao io sono Federico e sono venuto da Livorno fino a qui in Senegal in moto“. Lui mi guarda e con un accento da livornese doc risponde: “Boia, te c’hai una botta porta via”. Ci siamo messi a parlare, si chiama Siny, mi ha spiegato che ha vissuto 30 anni a Livorno e che grazie al suo lavoro in città è riuscito a mettere da parte i soldi necessari per aprire il suo locale in Senegal”.
Quali sono state le tappe più difficili?
“Sicuramente il passaggio in Mauritania, li le persone sono molto diffidenti e attraversare la frontiera è molto difficile a causa della corruzione. Per attraversare il passaggio principale possono anche arrivare a chiederti 700/800 euro, per questo ho preferito entrare in Senegal attraversando Diama. Dal punto di vista delle persone è una tratta più tranquilla, la parte difficile è la strada, non sapevo se la moto avrebbe retto ma fortunatamente ne è uscita illesa”.
Quanto hai impiegato per programmare il viaggio?
“Si tratta di un viaggio impegnativo in cui la pianificazione è essenziale, ho impiegato 4 mesi per preparare tutto il necessario, dagli itinerari, 3 così da esser pronto ad ogni imprevisto, all’assicurazione, fino al telefono satellitare per riuscire a comunicare anche in mezzo al deserto”.
Quali sono state le tappe più belle e significative?
“Da un punto di vista paesaggistico il Marocco, soprattutto l’area denominata Western Sahara: è un vero e proprio paradiso. Però devo dire che a Marrakech invece ho avuto alcune difficoltà, visto che i ’locals’ si azzuffavano per stabilire chi fra loro avrebbe fatto affari con me. Se invece devo parlare da un punto di vista umano dico senza dubbio il Senegal: abbiamo trovato delle persone splendide, super accoglienti e curiose, ho fatto amicizia con molti di loro a cui ho anche lasciato il mio numero di telefono. Prossima tappa? Mi piacerebbe attraversare il Tagikistan e il Kirghizistan: sono attraversati dalla Pamir Highway, la seconda strada più alta valicabile al mondo”.
Greta Ercolano