’Tradizioni etno-farmacobotaniche nella provincia di Livorno: il territorio della Valle Benedetta’ di F. Camangi e P.E.Tomei. Sono custodite in queste pagine le grandi proprietà delle piante che nascono spontanee alla Valle Benedetta. Calendula, nepitella, biancospino, eucalipto, camomilla, malva, salvia, sambuco. E tasso barbasso ’Verbascum thapsus’. Antinfiammatorio, così si legge nello studio scientifico: il decotto ottenuto facendo bollire le foglie. ’Scrophulariaceae barbasso’, per cinque-dieci minuti è somministrato, previa filtraggio per eliminare eventuali peli irritanti alle vie digerenti, alla dose di 2-3 tazze al giorno come sfiammante dell’apparato gastrointestinale. Questa pianta è stata raccolta alla Valle Benedetta e trasformata in oleito per uso esterno. "In giugno – si legge nella presentazione – nelle nostre campagne possiamo ammirare questa pianta spontanea i cui fiori dorati formano un cero gigantesco, la cui altezza supera quella di un uomo. Già i medici greci, da Ippocrate e Dioscoride ne conoscevano le sue eccezionali virtù emollienti. I fiori color oro, ma in minor misura anche le foglie oblunghe, ammorbidiscono i tessuti e li preparano alla guarigione. La pianta, fin dai tempi lontani, era usata all’Abbazia della Valle Benedetta – oggi guidata dal parroco Cristian Leonardelli – per curare reumatismi, per frizioni contro le malattie respiratorie, in infusi per infiammazioni dell’apparato digerente. Spesso era mascolata all’olio che, a sua volta, ha importanti proprietà teraputiche. Ricordiamo che l’olio è tuttora usato nei vari sacramenti. Possiamo così, legandoci alla tradizione della Valle, considerarla un rimedio per il corpo e per lo spirito".
"La polvere di fiori e di foglie essiccati ha un’azione favorevole contro le malattie della pelle; fiutata come il tabacco, libera meravigliosamente le narici in caso di raffreddore" scriveva il grande eroborista francese Maurice Messeguè, ne ’Il mio erbario’.
Michela Berti