C’è voluta un’operazione di alta ingegneria subacquea, con l’utilizzo di un cavo diamantato, per rimuovere i vecchi oleodotti che attraversavano il canale del Marzocco nel porto di Livorno. Un intervento di ’bonifica’ necessario per portare il fondale del canale navigabile dagli attuali 12 metri ai 18-20 previsti per la Darsena Europa in corso di realizzazione. Infatti l’ampliamentpo del porto di Livorno, coordinato dalla Port Authority, oltre a nuovi spazi, permetterà anche l’ingresso delle navi con maggiore pescaggio, le maxi-portacontainer.
Gli otto tubi di idrocarburi, di proprietà di Eni, attraversavano il canale dalla banchina del Marzocco alla banchina del Magnale, 135 metri di distanza, per una lunghezza totale di oltre un chilometro. Si trattava di oleodotti realizzati 50 anni fa ad una profondità di 15 metri, erano stati poi ricoperti con vari strati di pietrame alti 3 metri, portando il canale navigabile a 12 metri di profondità. Rimuoverli non è stato semplice: è stato necessario operare a dodici metri di profondità, in una finestra temporale ridotta (dalle 23 alle 7 del mattino per non fermare il traffico marittimo) e con grande attenzione a eventuali sversamenti dei idrocarburi. La rimozione infatti era stata rimandata già dal 2011: tutte le aziende che avevano aderito alle gare d’appalto dell’Autorità di Sistema guidata da Luciano Guerrieri, avevano poi rinunciato di fronte a un intervento molto complicato. Alla fine ha accettato la sfida la Turismar di Luca Ammendola, azienda di Tortolì (Sardegna) specializzata in disinquinamento, carpenteria pesante e attività marittime. Sono stati ingaggiati operatori tecnici subacquei freelance, professionisti che avevano partecipato al recupero della Costa Concordia e ad altri importanti recuperi internazionali. Come ad esempio Matteo Della Rosa, Diving Supervisor e sommozzatore, originario dell’isola di Capraia, incaricato di formare e guidare la squadra dei sommozzatori che avrebbero eseguito fisicamente il lavoro. "La difficoltà maggiore – racconta Della Rosa – era legata al fatto della zero visibilità dovuta al fango e al fatto che per motivi logistici potevamo lavorare solo di notte".
La prima operazione è stata installare le Bubble Barrier, un sistema innovativo e certificato a normativa europea per il contenimento di eventuali fuoriuscite di idrocarburi: un reticolo di tubi traforati ormeggiati sul fondo intorno alla zona interessata che, collegate ad un compressore, crea una cortina di bolle d’aria molto fitta e creando di fatto uno sbarramento a tutto ciò che può galleggiare in superficie. Per tagliare i tubi a pezzi l’unico modo per intervenire su un tubo da 30 pollici (circa 1 metro di diametro), che ha un rivestimento di cemento di altri 20 centimetri ed è cementato anche al suo interno, è utilizzare il cavo diamantato. Ed è qui che entra in scena Paolo Dell’Amico della CSS (Cutting Steel and Stone) di Massa, fornitori di cavi diamantati e con esperienza decennale nel taglio di marmo, pietre e acciaio. Con una loro macchina da taglio sul pontone ’Argo’ della Turismar, i sommozzatori (dopo giorni di scavo), sono stati in grado di passare il cavo diamantato sotto le tubature e riportare il cavo in superficie per poter essere collegati alla macchina.
Luca Filippi