Porto Azzurro (Isola d’Elba), 27 giugno 2023 – Ancora violenza nella casa di reclusione di Porto Azzurro, all’Isola d’Elba, da giorni al centro delle cronache per il continuo verificarsi di eventi critici posti in essere da alcuni dei detenuti.
“E la situazione è sempre più grave e merita l’urgente e giusta attenzione da parte dei vertici dipartimentali e ministeriali”, denuncia il segretario regionale per la Toscana del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Francesco Oliviero, che sintetizza: “Un giovane detenuto, essendo in isolamento nella propria cella, sin dalle prime ore del pomeriggio di ieri ha distrutto tutto ciò che vi era all’interno, gettando le macerie nel corridoio e ferendo un agente. Dopo qualche ora, nonostante i vari tentativi di mediazione da parte del personale della polizia penitenziaria, l’uomo cominciava nuovamente a distruggere quel che rimaneva in cella, senza alcuna ragione, barricandosi all’interno, e posizionando materasso, cuscino e le ante dell’armadietto dinnanzi all’ingresso, Li ha poi cosparsi d’olio e li ha incendiati. Le fiamme sono immediatamente divampate e la cella si è trasformata in un inferno”.
“Sono stati momenti di grande tensione”, aggiunge. “Tempestivo, il pronto intervento del personale di polizia penitenziaria, accorso per spegnere l’incendio e salvare il detenuto: ben quattro estintori non stati sufficienti a domare le fiamme e si sono quindi usati gli idranti, che hanno permesso di salvare l’uomo e fermare il fuoco”.
Amaro il commento di Oliviero: “Anche questa volta la professionalità della polizia penitenziaria ha scongiurato il drastico evento ma purtroppo gli strumenti a disposizioni sono pochi, comprese le maschere antifumo e tutte le attrezzature specifiche per il pronto intervento. Paghiamo ancora lo scotto di una amministrazione carente da ogni lato e per le assegnazioni incondizionata di personaggi violenti, arroganti e pericolosi, non confacenti all’istituto. Sette colleghi rimasti coinvolti dalle intossicazioni dei fumi e dalle varie escoriazioni e bruciature con prognosi varie. Ma la vera amarezza è che a nulla sono valse le varie segnalazioni emanate dal Sappe per assumere urgenti provvedimenti rispetto alle criticità e alle problematiche della casa di reclusione di Porto Azzurro”.
Donato Capece, segretario generale del Sappe, dice: “Basta! Anche questo è un grave evento critico annunciato! A questo hanno portato questi anni di ipergarantismo nelle carceri, dove ai detenuti è stato praticamente permesso di autogestirsi con provvedimenti scellerati ‘a pioggia’ come la vigilanza dinamica e il regime aperto, con detenuti fuori dalle celle pressoché tutto il giorno a non fare nulla nei corridoi delle sezioni. E queste sono anche le conseguenze di una politica penitenziaria che invece di punire, sia sotto il profilo disciplinare che penale, i detenuti violenti, non assumono severi provvedimenti”.
Interviene anche Elisabetta Nesi (segreteria Fp-Cgil provincia di Livorno): “La situazione all’interno della struttura elbana sta diventando insostenibile. Neanche una settimana fa un agente era rimasto intossicato dal fumo dopo aver salvato due detenuti che avevano cercato di dar fuoco alla propria cella. Ribadiamo come episodi del genere siano da imputare soprattutto alla tipologia di detenuti inviati presso la struttura elbana: il carcere di Porto Azzurro ha infatti sempre accolto detenuti che dovevano scontare un lungo fine pena ma ultimamente ha iniziato ad accogliere persone con un fine pena più breve, quindi meno disposte a seguire percorsi trattamentali”. “Ricordiamo inoltre – prosegue Nesi – la grave carenza di organico all’interno della struttura elbana: manca un terzo del personale previsto, tutto ciò è inaccettabile. È quantomai urgente che l’amministrazione penitenziaria intervenga. Anche la politica è assente. Serve una svolta. Episodi del genere si verificano ogni giorno con sempre maggior frequenza all’interno delle carceri italiane. Manca una visione su come riorganizzare il sistema penitenziario. Il mondo è cambiato, non si può pensare di continuare a gestire i detenuti così come si faceva negli anni Ottanta”.