REDAZIONE CRONACA

Il mondo cambia, parola di Crepet: "Non diamo tutto alla tecnologia"

Lo psichiatra è domani a Gavorrano e martedì a Castiglioncello con il suo spettacolo “Mordere il cielo“

di Enrico Salvadori

GAVORRANO (Grosseto)

Le sue conferenze spettacolo le perdono in pochi. E in questa torrida estate Paolo Crepet porta in scena ‘Mordere il cielo’ che

domani alle 21,30 sarà al teatro delle Rocce di Gavorrano, il giorno successivo al Castiglioncello Festival (Castello Pasquini), il 7 agosto alla Versiliana e il 14 settembre a Pisa.

Psichiatra, sociologo, educatore, saggista e opinionista Crepet riesce a colpire il cuore della gente facendola riflettere su ansie, angosce, emozioni che fanno parte di un mondo che pensava di aver conosciuto benessere e allungamento della vita ma ora si ritrova smarrito.

Crepet, lei dice che con il benessere non ci siamo accorti di quanto sia pericoloso l’agio

"Viviamo tra nuove guerre, migrazioni, povertà che si ammassano nelle città e nuove droghe che dilagano al pari delle ansie e delle angosce. Come se un’antica cicatrice interiore fosse tornata a condizionare il tempo presente, nonostante l’apparenza. In tanti tendono a relegarsi in una solitudine che accomuna giovani e adulti, vecchi e bambini. E mi chiedo: siamo all’età dell’insensibilità?".

Quindi riprendendo il titolo del suo spettacolo bisogna tornare a mordere il cielo

"Occorre ritrovare il coraggio di nuove eresie, rinnovare ribellioni per inseguire le nostre unicità, diffidando di quella grigia normalità dietro la quale c’è la neutralizzazione dell’anima".

Lei ha la Toscana nel suo cuore. Ha vissuto ad Arezzo, appena può ci torna, come sulla costa tirrenica

"La Toscana è una regione straordinaria di luoghi e persone che ammiro. Ma anche da voi c’è una crisi che riguarda l settore della creatività come l’artigianato. Intendo orafi, ceramisti, falegnami e tanti altri. La colpa è che ci facciamo travolgere dalla tecnologia. Che è importante ma non deve annientare il nostro ingegno. La macchina da scrivere ha soppiantato la stilografica ma non il pensiero di grandi scrittori e intellettuali. Ora la tecnologia ci ha reso più lenti dal punto di vista cognitivo. Ai giovani insegnano: non lavorare, tanto qualcosa erediterai oppure qualcuno provvederà. Invece bisogna insegnare che il lavoro è importante e dobbiamo metterci la passione. L’intelligenza artificiale è come un tostapane: è importante ma va usata con moderazione. Dieci anni fa scrissi i dubbi che avevo sullo sviluppo tecnologico. Mi assalirono dicendo che ero antico; si è avverato tutto".

E a emozioni come stiamo ?

"Direi malino. Provarle è sempre più difficile, nessuno si abbraccia più, in pochi manifestano qualcosa di importante. Ti guardi in giro e noti una massa di zombie che guarda il telefono e dialoga solo tramite messaggi vocali. Io penso che la gente venga ad asco ltarmi perché si diverte a capire quanto siamo rimbecilliti".

La solitudine dilaga sempre di più…

"Non ci sono più luoghi di aggregazione classici come erano i circoli, le bocciofile, i bar della nostra adolescenza. Vidi per la prima volta Benigni nel 1975 alla Casa del Popolo di Arezzo e mi immersi in un mondo. È cambiato il comportamento umano e per ovviare a questo bisogna ascoltare le voci dissonanti e ribellarsi a questa gigantesca opera di omologazione del pensiero che è una guerra commerciale".