
Il generale Rodolfo Sganga con il nostro collega Luca Mantiglioni
Shama (Libano), 4 aprile 2018 - «C’è da lavorare, magari ancora molto, ma abbiamo anche indicatori che ci dicono che la situazione sta migliorando». Piedi per terra insieme ad un invito a guardare con ottimismo al futuro. Non è un segnale da poco, in questo territorio. Ma è un segnale che il generale Rodolfo Sganga, comandante della Folgore e adesso alla guida del Sector Ovest della missione Unifil, ha motivi per lanciare. Lo incontriamo a Shama, in Libano. Pur consapevole che la situazione di relativa tranquillità sulla quale il contingente sta vigilando è come un’opera di cristallo. Tanto bella quanto fragile.
Generale, più bella o più fragile?
«Non il cento per cento della popolazione è tranquilla, ma in questi mesi di missione ho incontrato moltissimi dei 108 sindaci delle municipalità che rientrano nel territorio di nostra competenza e tutti quanti hanno parlato con ottimismo del futuro e speso parole di grande riconoscenza verso il contingente italiano».
C’è un grande affetto nei confronti dei nostri militari. Secondo lei perché?
«Ci aiutano due fattori. Uno professionale, ed è l’addestramento specifico a cui ci sottoponiamo prima di entrare in un teatro operativo; l’altro è quello umano. Abbiamo un’empatia che ci consente di comprendere meglio la realtà locale e quale approccio sia migliore di altri per ottenere fiducia. C’è un esempio del passato che può spiegarlo bene, del resto».
La ascolto.
«Nel 1982, quando i militari italiani arrivarono a Beirut, fu chiesto al generale Angioni in quale scuola volesse insediare il comando, ma lui rispose che le scuole dovevano restare ai ragazzi libanesi che dovevano continuare le loro attività quotidiane. Inoltre, i nostri mezzi erano tutti colorati di bianco e l’ospedale da campo che doveva servire per le esigenze dei militari in realtà fu messo a disposizione da subito per la popolazione civile e quando la missione si concluse quell’ospedale fu donato alla città».
Una gran parte della Blu Line ricade nel vostro territorio di competenza. Adesso gli israeliani ci stanno anche costruendo un muro...
«Sì, è vero, ma tutto accade all’interno del loro territorio, senza sconfinamenti. Al momento non abbiamo avuto episodi di particolare tensione e questo ci fa ben sperare».
Generale, sinceramente, ma ci sarà mai un termine a questa presenza in Libano?
«Il processo di stabilizzazione deve essere ancora completato e fino a quel momento la presenza sarà necessaria. Dal 2006, però, la situazione è andata migliorando grazie proprio al lavoro svolto da Unifil all’interno del quale, poi, ogni singolo uomo del contingente italiano ha avuto un ruolo importante».