
Un viaggio attraverso le delizie e i maestri che ancora le producono. Due attività storiche e apprezzate che continuano a sfornare le leccornie. resistendo anche alle colombe e alle uova di cioccolato dei supermercati.
Dalla "divina" Schiacciata di Pasqua di Caprona alla "Zeffira" di Cascina che fa sold out di vendite anche grazie ai livornesi. Colombe e uova pasquali impazzano nei supermercati nei loro vestitini di plastica sgargiante ma la vera tradizione vorrebbe che il dolce pisano per eccellenza non manchi sulle tavole dei pisani e non solo. Si tratta della "Schiacciata di Pasqua alla pisana". Abbiamo intervistato due fari indiscussi che sono il porto sicuro della nostra tradizione: le pasticcerie "Centoni" di via Dante Alighieri a Caprona, e la pasticceria Bargagna a Cascina dove le infornate di centinaia di schiacciate sono viste e prese. Monica Centoni è l’erede dei segreti della piccolissima pasticceria, una nicchia per buongustai ed amanti della tradizione. Lì la schiacciata, si fa da 80 anni. "E’ un dolce tipico della campagna pisana e livornese. In ogni famiglia vi era la tradizione di preparare un dolce aromatizzato all’anice a base di lievito naturale, uova, farina e burro. La preparazione richiedeva ben tre giorni e la ricetta era custodita gelosamente in ogni famiglia, ognuna di loro aveva la propria versione. Oggi grazie ad una stanza a temperatura controllata e stabile, si riesce a fare la schiacciata in due giorni". Sempre Centoni ci introduce nella "rivalità" tra schiacciata pisana e livornese. "Sono simili ma non uguali. La nostra è più "rustica" ossia rimane ancorata alla derivazione del pane".
"Insomma non è un panettone imbevuto di anice. Noi inoltre usiamo i semi di anice. A Livorno ormai se ne fa poca di schiacciata tant’è che c’è un piccolo laboratorio di pasticceria che ci chiede la nostra schiacciata". Insomma all’ombra della torre dantesca, la schiacciata è più compatta e si esporta a Livorno ma anche a Ravenna, Torino e Salerno. Se l’avesse potuta assaggiare, anche Dante si sarebbe rabbonito. Sulla presenza dell’anice, Centoni ammette: "Sinceramente l’anice non è del territorio e non saprei dire come sia stato aggiunto alla schiacciata. Può essere che ci sia qualche analogia col caffè corretto col Sassolino, una correzione quella, molto molto diffusa in passato".
Se Caprona chiama, Cascina risponde dal numero civico 137 di via Garzella. Sandro Bargagna, il titolare fa subito un distinguo: "La schiacciata pisana parte dai forni, la facevano i fornai. Era rustica. Si partiva dal pane per una questione di lieviti ma poi si aggiunsero zucchero e uova, tante uova e poi ancora lieviti. E poi l’ingrediente principe: la pazienza. Si parte con la lavorazione alle sei del mattino e si prosegue per circa un giorno e mezzo". La tradizione dei Bargagna, è ricamata su una figura che sarebbe mitologia, se non fosse veramente esistita, e cioè la nonna di Sandro, Zeffira Signorini nata a Pisa nel 1897. Nel 1919, spenti gli echi della Grande Guerra, Zeffira apre una panetteria, ed una volta a settimana quando arrivava la farina, faceva pane e focacce. "E siccome di pasticcerie a Pisa e Cascina non ce ne erano e Zeffira era un po’ golosa, decise di fare lei i dolci: dalle crostate alla schiacciata ovviamente": dicono dalla famiglia. E quella ricetta è ancora "quella della Zeffira". Il suo nome sorride in corsivo su ogni confezione della schiacciata che racconta sacrifici, impegno, maestria ma sempre col sorriso di nonna Zeffira ospite gradita e di riguardo al pranzo pasquale di centinaia di pisani.
Carlo Venturini