
Aldo Liscia oggi compie 100 anni. Un bel traguardo tagliato con "la memoria e lo spirito di un giovane - ci dice ridendo - a dispetto dell’età. Una memoria che ho messo a disposizione degli alunni delle scuole fino al gennaio 2020 per raccontare cosa hanno significato il nazi-fascimo nel XX secolo per l’Italia e il mondo "e per ragazzi ebrei, come me all’epoca, costretti a lasciare gli studi e a fuggire dall’Italia per salvare la pelle. Sono stato tuttavia fortunato perché la pelle l’ho salvata...". Nel narrare la sua vicenda personale e familiare (alla vigilia del 27 gennaio ‘Giornata della memoria’ della Shoah) Aldo Liscia, nato a Livorno a Villa Giulia ad Antignano il 23 gennaio 1921, ricorda: "Nel 1938 io e la mia famiglia da Livorno dovemmo scappare a Nizza dopo la promulgazine delle leggi razziali. Mio padre era chirurgo primario a Livorno. All’epoca ero un ragazzo spensierato di una famiglia agiata". Prosegue: "Ricordo come fosse oggi il 3 settembre del 1938. Ero in bici con i miei compagni di scuola. Tornato a casa babbo mi disse delle leggi razziali e che non potevo più tornare a scuola. Li avvenne la svolta della mia vita. Prima la fuga a Nizza, dove feci la maturità, poi Montpellier. Dopo riparai in Svizzera a Ginevra, ma ero senza soldi. Ebbi una borsa di studio della Comunità ebraica americana". Erano tempi duri. "La sera mi preparavo la cena in camera, a pranzo andavo alla casa dei rifugiati dove lavoravamo io e altri fuoriusciti a turno per permetterci di mangiare. Arrotondavo facendo lezioni e ripetizioni e aiutando i contadini svizzeri nei campi". Con la guerra "persi traccia della mia famiglia". "Riuscii a tornare a Livorno dopo la liberazione. - prosegue Liscia - e seppi che i miei genitori erano stati accolti da amici di famiglia, gli Spadolini, a Firenze". Aldo Liscia conseguì poi la laurea nel 1946 in Svizzera in ingegneria chimica. "Tornato definitivamente in Italia mentre lavoravo nel centro nucleare di Saluggia nel vercellese, ho conseguito la laurea anche in chimica industriale a Torino nel 1951". Dopo la guerra la famiglia Liscia si riunì finalmente a Livorno a Villa Giulia che era finita in mano alla famiglia del gerarca fascista Costanzo Ciano, dopo del figlio Galeazzo. "Nel 1939 Costanzo Ciano con la moglie Carolina Pini e l’avvocato Campana - aggiunge l’ultimo ricordo Aldo Liscia - vennero da mio padre Adolfo Renato Liscia per dirgli che volevano la villa. Lo costrinsero ad affittargliela. Nel 1941 tornò alla carica Galeazzo Ciano tramite un intermediario e fu la madre Carolina Pini a comprarla a un prezzo imposto. Per spuntarla gli dissero che sapevano dove ero io , in Svizzera, e che poteva succedermi qualcosa di brutto. Babbo cedette...". Dopo la guerra la famiglia Liscia fece causa alla moglie di Ciano, Edda Mussolini per la villa e riuscì a riaverla grazie alla testimonianza di quell’avvocato Campana che confermò "che mio padre fu costretto a vendere".