REDAZIONE CRONACA

"Bar aperto, ultima àncora alla normalità"

Il nostro viaggio nel quartiere della Venezia. I baristi Fancellu e la Ibraim: "Noi non molliamo, ma lavorare così è difficile"

"No, non si può chiudere, il bar deve essere. L’ultimo a chiudere la porta perché é un servizio essenziale, é l’ultima àncora alla normalità". Giovanni Fancellu, titolare del bar nel cuore di piazza del Luogo Pio non molla. "So che non ne vale la pena, economicamente intendo – prosegue – ma io non mollo e tutte le mattina alle 7 apro". Gestisce il bar dal 2017 con la moglie Valentina Granucci e il bar e la loro seconda casa. "Lavoriamo bene in Venezia – dicono – , qui ci sono tanti uffici, ci sono i turisti, molti negozi. Ma ora è tutto fermo, i residenti non possono certo farsi l’autocertificazione per venire al bar a prendere il caffè". Per le strade infatti le persone si contano sulle dita di una mano: solo veneziani con il cane e qualcuno che, armato di caffè nel bicchierino di plastica e cornetto, fa colazione sulla spalletta dei fossi leggendo il giornale. Nemmeno questa è normalità nella Venezia oggi praticamente deserta. Uffici semivuoti, molti lavorano da casa, Bottini dell’Olio sprangati. Stradine deserte, nessun rumore di auto. Il sole di questo fine novembre riscalda le piazzette e l’unico segno di vita é davanti all’ex carcere dei domenicani dove i facchini trasportano i faldoni dentro il futuro Archivio di Stato. E’ l’unica immagine in movimento, in questa Venezia così deserta che ’cozza’ con la movida notturna che qui è diventata di casa.

Cerchiamo conforto per scacciare l’amarezza della solitudine e vediamo un paio di persone, giacca e cravatta, che si avvicinano al Caffè in Venezia dove c’è Nadine Ibraim dietro al bancone. Di lei si vedono solo gli occhi, sopra quella mascherina diventata ormai così familiare. "Siamo aperti per l’asporto – dice la ragazza che gestisce l’attività con il padre – ma è davvero molto difficile lavorare così. I clienti si lamentano perché prendere il caffè caldo e doverlo consumare al freddo non è proprio il massimo". E i livornesi, in quanto a caffè, non vogliono tanti consigli. Per loro è un rito consumarlo al bar che è un ambiente familiare, soprattutto nei quartieri popolari della nostra città.

"Dobbiamo comunque provarci – continua Nadine con la speranza e la voglia di fare che contraddistingue molti giovani – meglio che restare chiusi. Noi apriamo alle 6 del mattino, forniamo servizi alle persone che lavorano in questo quartiere, e chiudiamo alle 18". Per il resto, le saracinesche sono tutte abbassate. A rallegrare un po’ le strade ci pensano i murales che rendono speciale questa parte di città. Quell’orecchio che richiama attenzione, quella donnina stilizzata con abito bianco e nero che si inchina per accogliere il passante. Per ora la Venezia è questo. In attesa che il ’rosso’ – tanto caro ai livornesi – sbiadisca nell’arancione poco evocativo ma molto più rassicurante. Venerdì 4 dicembre è vicino. Ancora un po’ di sacrificio...

michela berti

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