REDAZIONE CRONACA

Alla scoperta di Gorgona. L’isola-carcere senza muri: "Lavorare qui è un premio. E si torna a essere uomini"

Un mondo a parte nel mare cristallino: penitenziario dal 1869, un progetto unico "Lavoriamo la terra, impariamo un mestiere per la nostra seconda vita fuori".

Un mondo a parte nel mare cristallino: penitenziario dal 1869, un progetto unico "Lavoriamo la terra, impariamo un mestiere per la nostra seconda vita fuori".

Un mondo a parte nel mare cristallino: penitenziario dal 1869, un progetto unico "Lavoriamo la terra, impariamo un mestiere per la nostra seconda vita fuori".

di Riccardo Carradori

ISOLA DI GORGONA (Livorno)

"Vi è piaciuta la mia isola? E’ vero che è la più bella del mondo? Arrivederci!". Affacciata alla finestra di casa Luisa saluta chi sta per imbarcarsi. Ha 94 anni ed è l’unica a risiedere tutto l’anno a Gorgona. Lei ha deciso di stare qui. Perché a Gorgona non si è mandati, ma si chiede di esserlo.

E’ una mattina di un’estate infuocata e al porto ci aspetta La Superba, la motonave che fa la spola fra Livorno e Gorgona. A bordo siamo quasi un centinaio di persone. Molti attrezzati per camminare, alcuni con le sporte piene di spesa. In maggior parte toscani ma, anche, altoatesini, brasiliani, moldavi. Ci sono anche famiglie: mamme e bambini in infradito. Dopo un’ora di navigazione approdiamo al porticciolo. Le case hanno colori pastello, su tutte campeggia un estratto dall’articolo 27 della Costituzione: "Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato". Consegniamo cellulari e documenti alle guide che non ci perderanno mai di vista, accompagnandoci nella visita che segue un itinerario prestabilito. Queste sono le regole imposte dall’amministrazione carceraria.

Guardo con invidia chi, invece, inizia ad allontanarsi per le vie del porto. Una famiglia è ricevuta dalla Penitenziaria e sale su una Land Rover. Una donna con le borse della spesa entra, parlando a voce alta, negli uffici. C’è molto movimento: camionette, trattori, persone in divisa. L’isola, pur accecata da un sole che impiomba, appare bellissima e invita alla scoperta. Ma noi siamo qui: imbullettati all’ombra di un edificio basso.

"E’ dal 1869 che una parte dell’isola è stata destinata a colonia penale. Oggi il paese è abitato dai discendenti degli antichi pescatori ma solo nella stagione adatta, in vacanza". "Gorgona – prosegue Valentina, che guida il mio gruppo – è la sezione distaccata della Casa circondariale di Livorno. L’istituto è suddiviso in due sezioni. Nella prima ci sono 19 stanze singole per altrettanti detenuti. La seconda, suddivisa in camerate, può ospitare fino a 90 persone". Il gruppo si sposta di ombra in ombra

Finalmente incontriamo Daniele, sulla trentina, sorridente. E’ il nostro terzo accompagnatore ma lui è un detenuto e stasera resterà qui sull’isola. "Gorgona è una meta ambita tra le carceri. Qui le celle si aprono per dormire. Il resto della giornata è fatto di lavoro all’aperto e il controllo non è fisso, non ci sono muraglioni. Gorgona non è mai il primo carcere, ogni detenuto deve aver già dato prova di buona condotta. Io ho risposto a una richiesta dell’amministrazione. Nell’altra vita sono allevatore. Cercavano qualcuno per il progetto di Frescobaldi. Certo, l’impatto dell’isola è travolgente e inaspettato. Avete già visto il nostro parlatorio: riceviamo i parenti sotto un pergolato. Immaginate la mia meraviglia quando sbarcai. Invece di essere accompagnato sottobraccio mi fu indicato semplicemente dove andare. Nelle carceri è tutto diverso: quello che per voi è normale, dentro è straordinario. Ma non confondetevi: qui non ci sono compromessi; al primo richiamo disciplinare ci spediscono in un’altra prigione. Solo quelli che si comportano meglio hanno diritto alla cella singola. Chi sta qui sconta pene medio lunghe, altrimenti il sacrificio non merita. Anche per il personale della polizia penitenziaria non è facile stare qui. Non è raro che qualcuno molli e chieda di essere trasferito. E’ difficile incontrare i familiari, amici, fidanzate. Basta un po’ di mare: si alza il libeccio e la barca non arriva. Oggi è una bellissima giornata ma non è sempre così. E quando stai troppo tempo lontano da qualcuno non è detto che lo troverai ancora. Eppure questa è una grande opportunità. Io, per esempio, ho imparato abilità che prima non avevo. Vi faccio vedere: questa è la mia vigna. Tutta lavorata a mano. Ne faccio un bianco così buono che sono già in parola per andare a lavorare quando sarò in articolo 21. Attraverso questa vigna non sono più, solo, la mia pena".

E’ così anche per S. che, invece, fa il boscaiolo, o per M. pastore. G. oggi ha una gamba gonfia per una caduta ma è da stamani alle 6 che guida il trattore. In confronto ai detenuti che scontano la pena in una prigione normale la probabilità di tornare a delinquere è molto minore: il 2% contro l’80%. "Siamo qui per quello che abbiamo fatto ma non siamo solo il nostro errore. Chi è qui ha il grande privilegio: di avere un’altra possibilità e di stare su un’isola bellissima".

La visita prosegue ma poco conta. Risalgo su La Superba. Incontro la signora con le buste della spesa; parla ancora a voce molto alta: "Non so come avete fatto a girare con questo caldo. Io qui ci vengo a trovare il mio marito, pover’omo!".

Sì, signora Luisa, la sua isola, l’isola dei diritti, è bellissima. Come bellissime sono le storie dei suoi uomini e delle sue donne.