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ArchivioElezioni 4 marzo 2018, le 20 cose da sapere

25 feb 2023

GIORGIO CACCAMO

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Elezioni 4 marzo 2018, le 20 cose da sapere

Domenica, dalle 7 alle 23, oltre 50 milioni di italiani saranno chiamati alle urne per eleggere 630 deputati e 315 senatori della XVIII legislatura. Lo faranno con una nuova legge elettorale, il Rosatellum, che prevede un sistema misto, prevalentemente proporzionale. Ecco le 20 cose da sapere sulle elezioni del 4 marzo 2018: le novità, gli schieramenti in campo e anche qualche curiosità

di GIORGIO CACCAMO

Elezioni 4 marzo, via al voto. Quando si sapranno i risultati (lo spoglio in tv)

Elezioni 4 marzo 2018, la guida completa al voto

FOCUS / Partiti e programmi - Come funziona il Rosatellum - Le soglie di sbarramento. Chi entra e chi esce - Perché non si deve inserire la scheda nell'urna - Come si vota. Schede, orari e documenti - Come i voti diventano seggi

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Domenica 4 marzo, dalle 7 alle 23, oltre 50 milioni di italiani saranno chiamati alle urne per eleggere 630 deputati e 315 senatori della XVIII legislatura. Lo faranno con una nuova legge elettorale, il Rosatellum, che prevede un sistema misto, prevalentemente proporzionale. Ecco le 20 cose da sapere sul voto, le novità, gli schieramenti in campo e anche qualche curiosità - Fotogramma

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Sono 46,6 milioni gli elettori sul territorio nazionale che voteranno per la Camera, mentre sono 42,8 milioni quelli per il Senato (che abbiano compiuto cioè i 25 anni), secondo i dati del ministero dell'Interno. A questi si aggiungono i circa 4,2 milioni di elettori della circoscrizione Estero della Camera (3,8 milioni per il Senato), che votano per corrispondenza: alle ore 16 italiane del 1° marzo scatta il termine ultimo per la ricezione delle buste con i voti. Il totale è dunque di oltre cinquanta milioni di italiani chiamati a votare. Si vota anche per il rinnovo dei consigli regionali di Lombardia e Lazio - Foto LaPresse

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Per votare è necessario presentarsi al seggio (sono previste comunque modalità particolari per chi è ricoverato in ospedale o a domicilio per chi è affetto da gravi disabilità) con la tessera elettorale − che, se già completa, può essere rinnovata fino al giorno stesso del voto − e un documento di identità con foto, rilasciato da una pubblica amministrazione o da un ordine professionale. Il documento può anche essere scaduto, purché permetta l'identificazione dell'elettore - Foto Luna

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Un dato simbolico: per la prima volta tocca anche alla Generazione Zero, i ragazzi nati nel Duemila e che compiono i 18 anni entro il 4 marzo, esprimere il proprio diritto-dovere di voto. Oltre a loro, naturalmente, anche chi è diventato maggiorenne dopo il 2013, data delle ultime elezioni politiche - Fotogramma

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La novità introdotta nel 2015 è che potranno votare anche gli italiani che si trovano temporaneamente all'estero per un periodo di almeno tre mesi, per motivi di lavoro, studio o cure mediche. In sostanza, potranno partecipare alle elezioni per la prima volta anche gli studenti italiani Erasmus, finora esclusi. Non è invece prevista alcuna possibilità di voto a distanza per i 400mila studenti universitari fuorisede in Italia né per gli altri 1,5 milioni "pendolari a lungo raggio": dovranno tornare nel comune di residenza per votare, usufruendo comunque di sconti sui biglietti ferroviari o aerei - Newpress

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Ecco le agevolazioni per i viaggi in treno, aereo o autobus per gli elettori fuorisede.
Aerei: sconto massimo di 40 euro sul prezzo base del biglietto di andata e ritorno sui voli Alitalia (partenza tra il 24 febbraio e il 4 marzo, ritorno tra il 4 e il 10 marzo).
Treni: sconti del 60% sui treni regionali e del 70% su media-lunga percorrenza per Trenitalia; sconto del 60% su Ntv-Italo; tariffe regionali socntate del 60% su Trenord
Navi: i fuorisede residenti in Sicilia, Sardegna e Isole Tremiti possono usufruire di sconti del 60% sui traghetti di Compagna Italiana di Navigazione. Idem le navi Caronte&Tourist che collegano la Sicilia e le sue isole minori.
Autobus: la compagnia Flixbus ha previsto il rimborso dei viaggi effettuati tra il 2 e il marzo, per contrastare l'astensionismo giovanile.
Infine l'iniziativa di Uber: il servizio di taxi privato propone a Roma e Milano due corse da 20 euro ciascuna da e per i seggi elettorali - Foto Crocchioni

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Ma come si vota? La nuova legge elettorale, nota come Rosatellum bis (dal nome del promotore Ettore Rosato del Pd), è stata approvata nel novembre 2017 e prevede un sistema misto: assegna il 64% dei seggi (386 alla Camera e 193 al Senato) in collegi "plurinominali" con metodo proporzionale, il restante 36% (232 alla Camera e 116 al Senato) in collegi "uninominali" (maggioritario). È invece totalmente proporzionale il voto per i 12 deputati e i 6 senatori eletti all'Estero - Foto Ansa

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Le schede saranno naturalmente due, una per la Camera (di colore rosa) e una per il Senato (gialla). Nello spazio rettangolare il nome del candidato del collegio uninominale, sotto una serie di caselle con i simboli di partito della coalizione nella parte proporzionale. Sul retro della scheda si trovano le "istruzioni per l'uso", ma la vera novità è il "tagliando antifrode": ha un codice alfanumerico progressivo e può essere rimosso solo dal presidente del seggio per verificare la regolarità del voto. Serve a impedire il voto di scambio. E non sarà più l'elettore a inserire la scheda nell'urna, ma lo stesso presidente (Ansa)

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Non sono previsti voti di preferenza, dunque sulla scheda si potranno tracciare le croci su simboli o candidati. Le possibilità sono tre: barrare solo il nome del candidato uninominale (il voto si trasferisce automaticamente anche al partito o alla coalizione che lo sostiene); tracciare un segno solo sul simbolo della lista (il voto va anche al candidato uninominale); tracciare un doppio segno sul nome del candidato e su una lista che lo appoggia. Importante: è vietato il voto disgiunto, cioè non si può votare un candidato uninominale e una lista a lui non collegata nel proporzionale - Foto Ansa

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Secondo la più recente giurisprudenza, l’elettore che si rende conto di aver sbagliato nel votare può chiedere al presidente del seggio di sostituire la scheda stessa, potendo esprimere nuovamente il proprio voto. A tal fine, il presidente gli consegnerà una nuova scheda, inserendo quella sostituita tra le "schede deteriorate" (Foto Luna)

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La legge prevede soglie di sbarramento per l'accesso dei partiti o delle coalizioni alla ripartizione dei seggi. La prima riguarda le singole liste che si presentano nella parte proporzionale: ognuna deve superare il 3% a livello nazionale per ottenere seggi. La seconda, del 10%, riguarda invece le coalizioni (al cui interno però almeno una lista deve superare il 3%). Se una lista in coalizione non ottiene il 3% ma almeno l'1%, i suoi voti contribuiranno ad aumentare i seggi dei partiti maggiori della coalizione - Foto Dire

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Al Viminale sono stati presentati i simboli di 103 partiti, movimenti, liste o raggruppamenti politici. Il ministero ne ha ammessi alla fine 75: i contrassegni respinti non erano regolari o mancava la documentazione. Tra i criteri di esclusione: la confondibilità con simboli già usati da altre forze politiche, la riproduzione di immagini o soggetti religiosi, la riproduzione di simboli o diciture che richiamino a ideologie autoritarie

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Rispetto al 2013 e alla "non-sconfitta" di Bersani, la coalizione di centrosinistra a guida Matteo Renzi è decisamente cambiata. C'è meno "sinistra": non c'è più Sel e il Pd è coalizzato con Civica popolare (i centristi di Beatrice Lorenzin e Casini), +Europa (i radicali di Emma Bonino insieme a Tabacci) e Insieme (socialisti e verdi) - Foto Dire

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Il centrodestra si presenta unito: Forza Italia (con alla guida l'incandidabile Silvio Berlusconi), la Lega (non più "Nord", con Salvini segretario) e Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, più la "quarta gamba" dei centristi di Noi con l'Italia (da Fitto Lupi, passando per Tosi e Cesa). La coalizione è unitaria, il programma più o meno comune, ma resta aperta la partita della leadership - Foto Ansa

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Nel 2013 fu la sorpresa delle elezioni, primo partito in Italia. Ora il Movimento 5 Stelle si è rinnovato, dopo cinque anni tesi tra espulsioni, abbandoni, ma anche vittorie elettorali a livello locale (su tutte Roma). Beppe Grillo ha fatto il "passo di lato" ed è stato investito come leader Luigi Di Maio, vice presidente della Camera uscente. La svolta è arrivata anche nella selezione dei candidati: per la prima volta il M5S si è aperto a personalità esterne al Movimento come candidati all'uninominale, dai giornalisti Paragone e Carelli al campione olimpico Fioravanti. E per la prima volta non sono escluse a prescindere alleanze post voto con altri partiti - purché si accetti il programma 5 Stelle. Ma c'è il problema dei candidati già espulsi ancora prima del voto, o per legami con la massoneria o con guai giudiziari o coinvolti nel caso 'rimborsopoli'. Se eletti, non potranno far parte del gruppo parlamentare M5S - Foto LaPresse

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La quarta forza in corsa alle elezioni è Liberi e Uguali, la formazione di sinistra nata dall'unione di Mdp (i fuoriusciti dal Pd dopo la scissione di Bersani, D'Alema & co.), Possibile (il movimento di Pippo Civati, tra i primi a lasciare il Pd renziano) e Sinistra italiana (eletti nel 2013 con Sel, allora alleata del Pd a guida Bersani). Il leader del partito è Pietro Grasso, presidente del Senato uscente. Curiosità: in lista anche il numero uno dell'altra Camera, la presidente Laura Boldrini - Foto Ansa

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Tra le altre forze che competono alle elezioni politiche, vale la pena ricordare due formazioni opposte, che hanno presentato le liste in tutti i collegi d'Italia. Potere al popolo (Pap), guidata dalla ricercatrice precaria napoletana Viola Carofalo, raccoglie all'estrema sinistra esponenti, tra gli altri, di Rifondazione e del ricostituito Pci. Dall'altra parte, CasaPound, il gruppo degli autodefiniti "fascisti del Terzo millennio", si colloca alla destra estrema ma non esclude il sostegno a un futuribile governo guidato dal leghista Salvini. Il leader è Simone Di Stefano.
Durante questa campagna elettorale ci sono stati diversi contrasti tra Pap e CasaPound, a tratti violenti, così come tra gli antagonisti dei centri sociali e l'altra formazione neo fascista, Forza Nuova

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La legge elettorale non prevede un'automatica sovrapposizione tra il ruolo di leader di partito e di candidato designato alla carica di presidente del Consiglio (anche perché è la stessa Costituzione, ricordiamolo, che assegna al presidente della Repubblica la nomina del governo e dei ministri). Tuttavia, dentro le principali coalizioni la partita della leadership è tutt'altro che definita. Nel centrosinistra, non sono pochi gli esponenti che preferirebbero ancora il premier uscente Paolo Gentiloni (nella foto) anziché Renzi, considerato da alcuni "divisivo". Nel centrodestra, al contrario, i leader autoproclamati sono troppi... Berlusconi non può candidarsi, mentre Salvini punta a superare i voti di Forza Italia. E lo stesso Berlusconi ha proposto il nome del presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, come papabile premier in caso di vittoria del centrodestra alle elezioni. In Leu, invece, la leadership di Grasso deve fare i conti con la composizione eterogenea del movimento e con la forza interna di esponenti come D'Alema - Foto Ansa

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Premesso che toccherà al presidente Sergio Mattarella conferire l'incarico di governo, sono almeno tre gli scenari post voto:
1. C'è una maggioranza. Se una coalizione o un partito riuscisse a ottenere il 42% dei voti, potrebbe ottenere o avvicinarsi molto alla maggioranza assoluta dei seggi nelle due Camere, e avere i numeri per governare da sola
2. Larghe intese. Se nessuno dovesse arrivare al 40% circa dei voti, l'ipotesi è dare vita a un governo di larghe intese, così come già successo peraltro nel 2013 (incarico a Enrico Letta, alleanza di governo centrosinistra-centrodestra), a seconda dei risultati dei partiti e su precisa scelta del Quirinale
3. Si ritorna al voto. Se nessuno raggiungesse almeno il 35%, non ci sarebbero neanche le condizioni per le larghe intese. In questo caso Mattarella avrebbe dunque tre strade: proseguire con Gentiloni fino a nuove elezioni (forse in autunno); governo tecnico o "del Presidente" o di "emergenza nazionale" appoggiato da tutti i partiti; far nascere un governo di minoranza che cerchi di volta in volta la maggioranza numerica alle Camere sui singoli provvedimenti - Foto LaPresse

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Il 4 marzo 2018 è un election day: nella stessa giornata, dalle 7 alle 23, si vota infatti per le politiche ma anche per le regionali in Lombardia e Lazio (spoglio delle schede dalle ore 14 del 5 marzo). In questo caso è possibile il voto disgiunto a un candidato presidente e a una lista a lui non collegata. Si possono esprimere fino a due preferenze, purché a candidati di genere diverso.
In Lombardia non si è ricandidato il governatore uscente Roberto Maroni: il centrodestra presenta un altro leghista, l'ex sindaco di Varese Attilio Fontana. Il centrosinistra candida il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, ma non c'è alleanza tra il Pd e Leu (che infatti schiera Onorio Rosati, nella foto con Fontana e Gori). Il M5S candida Dario Violi. In corsa altri tre candidati: Giulio Arrighini (Grande Nord), Angela De Rosa (CasaPound) e Massimo Gatti (Sinistra per la Lombardia) - Foto LaPresse

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L'altra regione chiamata a rinnovare il consiglio regionale è il Lazio. Qui l'uscente Nicola Zingaretti si ricandida per il centrosinistra, e a differenza di Gori in Lombardia può contare su una coalizione unitaria che comprende anche Leu (ma non i centristi di Civica popolare). Il centrodestra ha scelto Stefano Parisi, già candidato sindaco di Milano sconfitto da Beppe Sala nel 2016; alla sua destra scalpita però Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice che ha puntato invano alla candidatura unitaria della coalizione ma correrà ugualmente da solo. Il Movimento 5 Stelle schiera un nome di peso: Roberta Lombardi, già primo capogruppo del M5S alla Camera nel 2013. Civica popolare non sostiene appunto il centrosinistra e corre con il giornalista ex veltroniano Jean Leonard Touadi. Completano la griglia dei candidati presidente: Mauro Antonini (CasaPound), Elisabetta Canitano (Potere al Popolo), Giovanni Paolo Azzaro (Democrazia cristiana) e Stefano Rosati (Fronte sovranista) - Foto Ansa

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